松尾 芭蕉

In un’epoca durante la quale in Europa infuriava la caccia alle streghe, nell’anno di nascita di Antonio Stradivari, lo stesso anno in cui René Descartes pubblicava il suo “Principia Philosophiae” (1644), in Giappone, nelle vicinanze di Kyōto, nell’odierna prefettura di Mie, nasceva quello che sarebbe diventato uno dei più celebrati e conosciuti poeti della letteratura giapponese: Matsuo Bashō. Compositore precoce, la sua prima opera da noi conosciuta risulta essere stata scritta all’età di diciotto anni e ancora ventenne pubblicava a Kyōto. Si trasferì a Edo, il centro nevralgico dello shogunato Tokugawa in atto fin dal 1603 per affinare ;a sua arte. Ben presto fu riconosciuto maestro prendendo anche allievi ed un vasto stuolo di discepoli. Tra il 1684 e il 1685 fece un viaggio che lo portò a visitare il Monte Fuji, il tempio di Ise e Kyōto durante il quale compose un prosimetro. Ma la sua irrequietezza interiore lo spinsero a fare viaggi visitando di volta in volta le province giapponesi dello Honshū settentrionale. Nel 1689, infatti, partì da Fukagawa (dove ora sorge il Memoriale a lui dedicato) con un suo allievo Kawai Sora (1649-1710), con frequenti soste in luoghi noti come il Toshogu di Nikkō o l’isola di Sado, durante il quale compose la celebratissima raccolta odeporica “Oku no Hosomici” dove possiamo leggere haiku di estrema raffinatezza in uno stile vibrante e squisito. In questi componimenti traspare in tutta la sua pregnanza lo spirito di “wabi sabi” definibile come lo struggente sentire della vita irrimeabile, il fremito dell’anima della natura e l’effimera caducità delle cose. Dal 1689 peregrinò per un paio d’anni viaggiando nell’area del lago Biwa, vicino Kyōto. Tornò a Edo dove venne accolto con calore, la qual cosa però, invece di compiacerlo lo rese triste spingendolo ad estraniandosi ed isolandosi per periodi considerevoli, poiché questo suo continuo peregrinare alla ricerca della pax mentis era dettato da uno stile di vita profondamente sentito, detto in giapponese “karumi” ovvero “leggerezza”, e che si basa sul non attaccamento alle cose, un atteggiamento spirituale simile all’atarassia degli antichi filosofi greci e allo Stoicismo di Seneca, un profondo distaccamento dalle illusioni mondane (come insegna il buddhismo). Questo atteggiamento si acuì negli ultimi anni di vita e durante il suo ultimo viaggio verso Kyōto e Ōsaka dove morì nel 1694. Molti, ancora oggi, credono che, dati i continui viaggi, Bashō fosse stato anche una sorta di spia per i Tokugawa, ovviamente nulla di concreto corrobora questa opinione.
